La lotta delle donne per il diritto all’aborto

Fino al 1975 di interruzione di gravidanza si moriva: più forte della paura della morte era l’angoscia di non poter sostenere una maternità. Dopo uno stupro, ad esempio, decidere di non tenere il figlio di quella violenza era culturalmente incomprensibile e inaccettabile. Nessuna legislazione tutelava la vittima. In nessun caso.
Per procurarsi un aborto numerose ragazze si affidavano a metodi molto pericolosi: chi utilizzava ferri da maglia, chi premeva forte sull’addome, chi ricorreva all’uso di aghi e grucce. Una serie di erbe poi, come il tanaceto, la mentuccia, l’actaea racemosa e il silfio, avevano la fama di possedere proprietà abortive. Con terribili effetti collaterali.
Il 22 maggio 1978 venne promulgata la Legge 194, che consentiva alle donne, nei casi previsti dalla norma, di poter ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza in una struttura pubblica nei primi 90 giorni di gestazione.
Tre anni dopo, il 17 maggio del 1981, ci fu il rischio di vedere tale diritto annullarsi in un referendum abrogativo ma i cittadini italiani confermarono la validità di questa normativa quando vennero chiamati a votare per cinque referendum abrogativi.
Fondamentali le battaglie del Partito Radicale e del Partito Socialista, ma determinanti furono le voci delle donne. Che, per una volta, non rimasero in disparte.
Ho appena appreso (fonte: Corriere della Sera) che alcuni scienziati europei stanno discutendo circa la sicurezza ambientale delle centrali nucleari a fissione. Uno dei nodi da sciogliere per accedere eventualmente ai finanziamenti europei è l'analisi di costi/benefici, estesa all'intero ciclo di vita delle centrali, incluso il loro smantellamento ed il deposito delle scorie.
Inoltre dovrebbero dirci da quali Paesi esteri verrebbe importato il materiale fissile.
Renato Perago
È veramente incredibile questa storia che guarda caso esce fuori solo dopo la morte di Califano che non può più essere qui a dare la sua versione dei fatti. Tra gli autori risultano in quattro,compreso Califano, che tra l'altro incise anche una sua versione al maschile. La stessa Mia Martini disse che il testo,non un rigo, fu riscritto da Califano. Trovo veramente poco signorile, oserei dire non in linea con la grandezza della poesia che si esprime in questo straordinario pezzo, il voler disconoscere i meriti artistici di Califano, il voler stilare percentuali tra gli autori, tra chi ha scritto un rigo chi due e chi tre.
Conoscevo da tempo Universo25 e Calhoun, di cui ho letto l'originale.
Ovunque sembra si sia per scontata una nozione cruciale... Che cos'è, in dettaglio, un ruolo sociale?
A.V.