Alfredo Rampi, la tragedia di Vermicino

Il 10 Giugno 1981 l’italia si ferma.
Le televisioni trasmettono le immagini nei pressi di Vermicino vicino Roma dove un bambino di 6 anni, Alfredo Rampi è caduto in un pozzo artesiano.
La polizia accorre sul luogo in serata, chiamata dai genitori e localizza il bambino. Poco dopo mezzanotte arrivano i Vigili del Fuoco. Il pozzo è largo 30 cm, profondo 80 metri. Si pensa che Alfredino si sia bloccato a 36 metri: scivolerà invece fino a 60.
Una tv locale si precipita sul posto a registrare il primo tentativo di salvataggio con una tavola di legno, metodo proposto da un gruppo di speleologi: ma si rivelerà un fallimento totale. Il Comando dei Vigili del Fuoco li allontana quindi senza riserve: il tentativo ufficiale sarà scavare un pozzo parallelo con una trivella.
Isidoro Mirabella, un coraggioso volontario, si cala nel pozzo nella serata di Giovedì. Venerdì pomeriggio il Presidente Pertini arriva facendosi largo tra la folla. In serata, il colpo di scena: Alfredino è caduto troppo in basso e la trivella e inutile. Bisogna calare gli speleologi, che fin dall’inizio avevano criticato l’uso della trivella.
Secondo Tullio Bernabei, è ormai un’impresa disperata. È lui a calcolare la vera distanza cui si trova Alfredino: oltre 60 metri. I candidati si scambiano il testimone: Claudio Aprile, un nano, un contorsionista, ma nulla da fare!
Un coraggioso volontario Angelo Licheri, piccolo di statura e molto magro, autista-facchino presso la tipografia romana “Quintini” di via di Donna Olimpia, si fece calare nel pozzo artesiano per tutti e 60 i metri di distanza dal bambino.
Licheri, cominciata la discesa poco dopo la mezzanotte fra il 12 e il 13 giugno, riuscì ad avvicinarsi al bambino, tentò di allacciargli l’imbracatura per tirarlo fuori dal pozzo, ma per ben tre volte l’imbracatura si aprì; tentò allora di prenderlo per le braccia, ma il bambino scivolò ancora più in profondità.
Per di più, nell’effettuare il suo coraggioso tentativo, involontariamente gli spezzò anche il polso sinistro. In tutto, Licheri rimase a testa in giù ben 45 minuti, contro i 25 considerati soglia massima di sicurezza in quella posizione, ma dovette anch’egli tornare in superficie senza Alfredino.
L’ultimo tentativo di Donato Caruso, annuncia la tragedia: Alfredino non si muove più. È morto.
I 21 milioni di italiani che hanno seguito la vicenda in Tv cambiano canale: tornano all’attentato al Papa, alla loggia P2, alle Brigate Rosse.
Dopo la dichiarazione di morte presunta, per assicurare la conservazione del corpo, il magistrato competente ordinò che fosse immesso nel pozzo del gas refrigerante (azoto liquido a −30 °C).
Il cadavere fu poi recuperato da tre squadre di minatori della miniera di Gavorrano l’11 luglio seguente, ben 28 giorni dopo la morte del bambino.
Ti sei dimenticato di citare quello che hanno fatto nei campi di concentramento i tuoi amichetti tedeschi.
Uno che 2019 ancora osanna quella merda di gente può fare solo pena.
Ha avuto la fine che meitava.
Sono d'accordissimo con te.